settembre 27, 2017

Le Città Invisibili

“Le Città Invisibili” è una linea di crostate ispirate ad una delle mie opere preferite di Italo Calvino.

 

Le mie Città Invisibili riproducono skyline che non hanno riscontro nella realtà, ma evocano paesaggi urbani di fantasia.

Per disegnarli e ricavarli dalla Pastafrolla mi sono fatta guidare da ciò che in quel momento suggeriva la mia fantasia.

 

Nelle Città Invisibili Marco Polo racconta all’imperatore Kublai Kan delle città che ha visitato nei suoi lunghi viaggi.

Nelle descrizioni, tra il reale e l’immaginario, Marco Polo non si limita ad una descrizione fisica delle città, che nel testo hanno tutte un nome di donna, ma espone anche un resoconto dettagliato delle sensazioni e delle emozioni che ogni città, con i suoi profumi, sapori e rumori, suscita.  

Le Città Invisibili - Le crostate ispirate alle città immaginarie di Italo Calvino

(“Le Città Invisibili” di Italo Calvino, 1972. Illustrazione di Arianna Favaro)

“D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.”

Le Città Invisibili - Le crostate ispirate alle città immaginarie di Italo Calvino

“– Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? – chiede Kublai Kan.
– Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra, – risponde Marco, – ma dalla linea dell’arco che esse formano.
Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo.
Poi soggiunge: – Perché mi parli delle pietre? È solo dell’arco che mi importa.
Polo risponde: – Senza pietre non c’è arco.”

Le Città Invisibili - Le crostate ispirate alle città immaginarie di Italo Calvino

“Chiese a Marco Kublai: – Tu che esplori intorno e vedi i segni, saprai dirmi verso quale futuro ci spingono i venti propizi.

– Per questi porti non saprei tracciare la rotta sulla carta né fissare la data dell’approdo.

Alle volte mi basta uno scorcio che s’apre nel bel mezzo d’un paesaggio incongruo, un affiorare di luci nella nebbia, il dialogo di due passanti che s’incontrano nel viavai, per pensare che da lì metterò assieme pezzo a pezzo la città perfetta, fatta di frammenti mescolati col resto, d’istanti separati da intervalli, di segnali che uno manda e non sa chi li raccoglie.

Se ti dico che la città cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla.”